25 Maggio 2020

CIRCOLARE n. 50/2020 – EMERGENZA CORONAVIRUS INAIL circolare 22 del 20/05/2020

L’INAIL ha pubblicato la circolare n. 22/2020, con la quale l’Istituto fornisce alcuni chiarimenti in merito alle problematiche sollevate in relazione alla tutela infortunistica degli eventi di contagio nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro. L’art. 42, comma 2, del DL 18/2020, ha chiarito che l’infezione da SARS-Cov-2, come […]

L’INAIL ha pubblicato la circolare n. 22/2020, con la quale l’Istituto fornisce alcuni chiarimenti in merito alle problematiche sollevate in relazione alla tutela infortunistica degli eventi di contagio nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro.

L’art. 42, comma 2, del DL 18/2020, ha chiarito che l’infezione da SARS-Cov-2, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione.

Si tratta della riaffermazione di principi vigenti da decenni, come già richiamati dalla circolare INAIL n. 13/2020, nell’ambito della disciplina speciale infortunistica, confermati dalla scienza medico-legale e dalla giurisprudenza di legittimità in materia di patologie causate da agenti biologici.

Le patologie infettive (vale per il COVID-19, così come, per esempio, per l’epatite, la brucellosi, l’AIDS e il tetano) contratte in occasione di lavoro sono da sempre, infatti, inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo.

La norma dispone che l’indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria (ovviamente sempre che il contagio sia riconducibile all’attività lavorativa), con la conseguente astensione dal lavoro.

La disposizione, seppure dettata in un momento emergenziale, in realtà ha dato seguito a un principio già affermato dalla giurisprudenza, secondo cui l’impedimento presupposto dall’art. 68 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.1124 ai fini della attribuzione della indennità di inabilità temporanea assoluta, comprende, oltre alla fisica impossibilità della prestazione lavorativa, anche la sua incompatibilità con le esigenze terapeutiche e di profilassi del lavoratore.

E’ stato espressamente previsto, inoltre, che gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono posti carico della gestione assicurativa nel suo complesso, a tariffa immutata, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese.

In altri termini, la scelta operata con il citato articolo 42 è stata quella dell’esclusione totale di qualsiasi incidenza degli infortuni da COVID-19 in occasione di lavoro sulla misura del premio pagato dal singolo datore di lavoro, ciò in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere.

In tali ultime fattispecie, infatti, l’Istituto riconosce la tutela assicurativa al lavoratore infortunato nel tragitto casa-lavoro e viceversa, ma al datore di lavoro non viene imputata alcuna conseguenza per l’evento infortunistico.

Premesso quanto sopra l’INAIL precisa che il riconoscimento dell’origine professionale del contagio da COVID-19 non è correlato con i profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro nel contagio stesso; infatti la responsabilità è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali.

Con riferimento alla responsabilità civile e penale del datore di lavoro, l’INAIL precisa che può sussistere soltanto quando sia accertata la sua colpa nel verificarsi dell’infortunio.

 

Pertanto, in concreto, occorre che la contrazione da parte del dipendente del COVID-19, non solo sia effettivamente avvenuta in occasione di lavoro, ma sia anche imputabile al datore di lavoro.

Inoltre, “il riconoscimento del diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto (in favore dell’infortunato) non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, tanto meno in sede civile nei confronti del datore di lavoro.

Solo nel caso in cui sia dimostrata una effettiva responsabilità del datore di lavoro, l’INAIL ha titolo per pretendere il rimborso di quanto erogato al lavoratore infortunato.

Infine, l’imprenditore non è, in generale e con riferimento all’infezione pandemica in particolare, tenuto ad assicurare “il rischio zero” e pertanto il difetto di diligenza del datore di lavoro deve ritenersi senz’altro esclusa quando egli abbia concretamente adempiuto alle misure di prevenzione, protezione individuale, formazione ed informazione del personale, alla sorveglianza sanitaria speciale nei confronti dei lavoratori di età a rischio o con patologie sensibili, ecc. poste con i Protocolli condivisi in tema di sicurezza COVID-19.

 

Distinti saluti.

TERRAZZINI & PARTNERS