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Consulente del Lavoro: cosa fa, dove lavora e quando rivolgersi ad uno studio di Consulenza del Lavoro

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  1. Consulente del lavoro: cosa fa?
  2. Come si diventa consulente del lavoro?
  3. Laurea e percorso formativo 
  4. Compiti e mansioni
    1. Mansioni del consulente del lavoro per aziende
    2. Mansioni del consulente del lavoro in sede di contenzioso
    3. Altre mansioni del consulente del lavoro
  5. Competenze di un consulente del lavoro
    1. Conoscenze di base
    2. Materie oggetto di costante aggiornamento
    3. Competenze di base 
    4. Competenze specialistiche
    5. Soft Skill da sviluppare durante l’esperienza professionale
  6. Leggi che regolano la professione
  7. Dove lavora il consulente del lavoro?
  8. Quando rivolgersi ad un consulente del lavoro?
  9. Chi può avvalersi di una consulenza?
  10. Perché conviene affidarsi a un consulente del lavoro?
    1. Aggiornamento professionale costante
    2. I vantaggi di affidarsi ad un consulente
  11. Come scegliere uno studio di consulenza del lavoro?
    1. Servizi offerti da uno studio di consulenza del lavoro
  12. Che differenza c’è tra consulente del lavoro e commercialista?
    1. Differenza legislativa e percorso di studi
    2. Differenze operative tra commercialista e consulente del lavoro
  13. Consulente del lavoro: domande frequenti

 

Il Consulente del lavoro è un libero professionista dell’area giuridico-economica, che opera nello specifico in ambito giuslavorativo, occupandosi della gestione in campo amministrativo, economico e legale, del personale subordinato e parasubordinato di un’azienda, un’organizzazione o un ente, e di tutti gli adempimenti legali ad essa relativi. 

Le mansioni principali di un consulente del lavoro riguardano quindi l’inquadramento contrattuale delle varie figure professionali in base alle mansioni, a titoli e competenze, la gestione delle buste paga, la gestione di relazioni, comunicazioni e pratiche con i Centri per l’Impiego ed altri enti come l’INPS, l’INAIL e le organizzazioni sindacali. 

Il suo compito è assistere l’azienda durante l’intero percorso di nascita ed evoluzione di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, occupandosi sia degli aspetti giuridici che di quelli assicurativi e previdenziali ed affiancando l’azienda, laddove necessario, in caso di contenziosi e vertenze con i dipendenti, gli istituti previdenziali e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in qualità di consulente tecnico.  

Andiamo ora a vedere più nello specifico cosa fa un consulente del lavoro, qual è il percorso formativo più idoneo ad acquisire le competenze necessarie a svolgere questa funzione, quali sono le leggi che regolano la professione. 

 

Consulente del lavoro: cosa fa?

Come abbiamo già spiegato in sintesi nell’introduzione, il consulente del lavoro è un professionista dell’ambito giuridico-economico, con competenze verticali in diritto del lavoro e gestione del personale. 

Generalmente il consulente del lavoro è un libero professionista, che lavora quindi come un privato, insieme ad altri professionisti in uno studio associato di consulenza del lavoro, offrendo i propri servizi ad imprese, organizzazioni, enti e, con frequenza minore, anche a privati, liberi professionisti in altri settori e lavoratori dipendenti.

 

Come si diventa consulente del lavoro?

Il percorso formativo per diventare consulente del lavoro si divide sostanzialmente in 3 passaggi, tutti fondamentali per acquisire i titoli di studio e le competenze necessarie a svolgere questa professione. 

Ecco quali sono: 

  • titolo di studio universitario (laurea triennale o quinquennale)
  • praticantato ed esame di stato 
  • iscrizione all’albo professionale dei consulenti del lavoro 

Ma non finisce qui. 

Così come gli altri lavoratori che esercitano la libera professione e risultano regolarmente iscritti agli ordini professionali, il consulente del lavoro è tenuto ad osservare l’obbligo della Formazione Continua. 

La formazione e l’auto-aggiornamento, oltre ad essere obbligatori per legge e a determinare il conseguimento dei crediti formativi necessari all’esercizio della professione, sono anche indispensabili per offrire ai propri clienti un servizio di qualità. 

Come vediamo quindi il percorso per diventare consulente del lavoro richiede necessariamente il conseguimento di una laurea, benché non specialistica, e successivamente un periodo di praticantato o tirocinio, nonché il sostenimento di un esame di stato per la relativa abilitazione ed iscrizione all’albo e un lavoro di costante formazione e aggiornamento sui cambiamenti legislativi continuamente in atto nella giurisprudenza italiana, soprattutto quando si parla di un ambito variegato come il diritto del lavoro.

Andiamo ad analizzare più da vicino questi 3 step che compongono il percorso formativo di un consulente del lavoro.

 

Laurea e percorso formativo 

Consulenti del lavoro - Percorso formativo

Come dicevamo, per diventare consulente del lavoro il primo step necessario è il conseguimento di un titolo di studio universitario.

Non esiste un solo percorso di laurea che possa aiutare a raggiungere l’obiettivo di diventare consulente del lavoro, ma l’area didattica e accademica di riferimento è senza dubbio quella legata all’ambito giuridico-economico. 

Ecco quali sono quindi le lauree che possono considerarsi propedeutiche all’abilitazione e idonee allo svolgimento della professione di consulente del lavoro:

  • Laurea in Giurisprudenza
  • Laurea in Economia e Commercio (e le sue varianti)
  • Laurea in Scienze Politiche
  • Diploma Universitario o Laurea Triennale in Consulenza del Lavoro

La laurea in Giurisprudenza è un ottimo punto di partenza per sviluppare le competenze necessarie a svolgere la professione di consulente del lavoro, perché offre competenze specifiche in ambito legislativo e una conoscenza approfondita del diritto.
Le lauree in Economia e Commercio invece sono ottime perché consentono di approfondire gli aspetti legati al lato economico e finanziario della professione. 

Entrambe sono quindi scelte valide per il conseguimento di un titolo di studio adatto allo svolgimento della professione di consulente del lavoro. 

Il secondo step post laurea riguarda il praticantato o tirocinio, che ha una durata prestabilita per legge di 18 mesi e chedeve svolgersi presso lo studio di un Consulente del Lavoro iscritto all’Albo da almeno cinque anni e in regola con la Formazione Continua Obbligatoria.

Il praticantato consente poi di accedere all’esame di stato per diventare consulente del lavoro, esercitare regolarmente la professione ed iscriversi all’Ordine e all’Albo Professionale dei Consulenti del Lavoro. 

L’esame di stato si svolge nelle commissioni territoriali e prevede 2 prove scritte ed una prova orale. Al superamento dello stesso, il professionista avrà la possibilità di iscriversi all’ordine e all’albo professionale, aspetto fondamentale per  ricevere incarichi professionali.

 

Compiti e mansioni

Abbiamo fin qui delineato chi è e cosa fa il consulente del lavoro. 

Abbiamo visto qual è la laurea e il percorso formativo che consente di intraprendere questa professione e come diventare professionista in consulenza del lavoro. 

Andiamo ora ad indagare più nello specifico quali sono i compiti e le mansioni di un consulente del lavoro, per esplorare subito dopo le competenze specifiche che questa figura professionale deve possedere o acquisire nel corso della sua carriera. 

Un consulente del lavoro sostanzialmente affianca aziende, enti e organizzazioni nella gestione del personale per quanto riguarda gli aspetti economici, assicurativi e previdenziali, nel rispetto delle normative vigenti in materia di lavoro.

Le sue mansioni, nello specifico, riguardano:

  • la gestione di tutte le fasi di definizione, evoluzione e anche cessazione di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, da tutti i punti di vista sopra elencati (giuridici, sociali, assicurativi e finanziari)
  • la consulenza tecnica in materia di lavoro, per quanto riguarda la stipula di contratti, convenzioni etc. e la gestione dei rapporti aziendali
  • l’inquadramento dell’azienda e dei suoi dipendenti per quanto riguarda l’iscrizione agli Istituti previdenziali e assicurativi 
  • la gestione dei rapporti e delle comunicazioni con detti enti di previdenza sociale e assicurativa, INPS, INAIL, con i sindacati e i Centri per l’Impiego
  • la consulenza tecnica in fase di contenzioso, laddove fosse necessario, in merito a problematiche relative ad ispezioni, ricorsi, controversie collettive o individuali 
  • la consulenza tecnica di parte o di ufficio, in assistenza del Giudice o di una delle parti in causa, in sede di conflitto processuale 
  • la gestione di crisi d’impresa

Accanto a queste mansioni generiche, che riguardano ciò che un consulente del lavoro può fare, troviamo i compiti più specifici, che fanno parte delle incombenze quotidiane di un consulente del lavoro che opera per un’azienda o come libero professionista. 

 

Mansioni del consulente del lavoro per aziende

Tra i compiti che quotidianamente un consulente del lavoro assolve per un’azienda troviamo: 

  • elaborazione buste paga e contributi mensili in base ai contratti collettivi e individuali, previa conoscenza della normativa vigente e del funzionamento degli appositi software per l’elaborazione dei cedolini
  • redazione dei contratti di lavoro tra azienda e dipendente, tenendo presente le normative vigenti
  • iscrizione dei dipendenti agli istituti previdenziali (come l’INPS) e assolvimento di altri adempimenti previdenziali e assicurativi, sia mensili che annuali, come ad esempio la comunicazione di infortuni, malattia, maternità, cassa integrazione
  • Elaborazione CU (Certificazione Unica) per ciascun dipendente, che l’azienda è obbligata a fornire per legge
  • Registrazione di avviamenti e cessazioni di rapporti di lavoro ai Centri per l’Impiego
  • Trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali 

 

Mansioni del consulente del lavoro in sede di contenzioso 

Quando invece il consulente del lavoro viene chiamato in qualità di tecnico di ufficio o di parte ad offrire una consulenza per il pubblico o per un privato, egli deve essere in grado di assistere il cliente, il Giudice o quali che siano le parti in conflitto, mettendo a disposizione il proprio bagaglio di conoscenze tecniche: 

  • assistendo il cliente in sede di contenzioso presso gli uffici e le commissioni previdenziali e dell’amministrazione finanziaria 
  • rappresentando e assistendo l’azienda nelle vertenze extragiudiziali, ovvero conciliazioni e arbitrati 
  • assistendo l’azienda nelle relazioni aziendali, controlli, convenzioni etc. 

Altre mansioni del consulente del lavoro 

Infine, il consulente del lavoro può svolgere anche funzioni in ambito di: 

  • conciliazione e arbitrato delle controversie di lavoro
  • asseverazione della regolarità, da un punto di vista normativo, dei rapporti lavorativi esistenti tra datore di lavoro e lavoratore

Come si intuisce, la professione di consulente del lavoro abbraccia un ambito molto vasto ed abilita all’assolvimento di compiti anche molto diversi tra loro.

Per questo motivo, il portfolio di competenze di un consulente del lavoro deve essere abbastanza ampio da coprire ciascuna delle mansioni elencate. 

Vediamo insieme quali sono le skill principali che un consulente di lavoro deve possedere ed acquisire durante il suo percorso professionale. 

 

Competenze di un consulente del lavoro

Consulenti del lavoro - Le competenze

Laurea, praticantato e abilitazione garantiscono l’acquisizione delle competenze di base per operare come consulente del lavoro, ma è chiaro che altre competenze si acquisiscono soltanto in corso d’opera e grazie al know how acquisito con l’esperienza. 

È importante tuttavia sottolineare che la legge italiana non prevede che il consulente del lavoro abbia competenze esclusive, in quanto molte di queste sono ampiamente condivise con avvocati, esperti contabili, commercialisti ed altre figure professionali. 

Infatti, per essere in grado di offrire un servizio di qualità, un consulente del lavoro deve possedere competenze trasversali, che abbracciano diversi ambiti lavorativi. 

Vediamo innanzitutto quali sono le competenze di base per poi scendere nei dettagli ed analizzare le competenze specifiche richieste ad un consulente del lavoro. 

 

Conoscenze di base

Le conoscenze basilari che un consulente del lavoro deve possedere:

  • Diritto pubblico e diritto privato
  • Diritto del lavoro, sindacale e tributario
  • Nozioni di economia aziendale
  • Elementi di ragioneria 
  • Conoscenza dei sistemi retributivi 
  • Conoscenza delle tecniche di gestione contabile e finanziaria e della contrattazione
  • Vocabolario tecnico fiscale, del lavoro e della legislazione sociale

 

Materie oggetto di costante aggiornamento

Le materie sulle quali il consulente del lavoro deve essere sempre aggiornato

  • Elementi di normativa fiscale e tributaria
  • Normativa sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori in tutti i settori di attività privati e pubblici
  • Normativa in materia di tutela della Privacy
  • Normativa sul mercato del lavoro
  • Normativa previdenziale e pensionistica
  • Normativa sui contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) 

 

Competenze di base 

Le competenze primarie, ovvero ciò che un consulente del lavoro deve saper fare: 

  • Gestione del personale
  • Rilevazione del costo del lavoro
  • Adempimenti e scadenze contributive e fiscali

 

Competenze specialistiche

Le competenze più avanzate, che sono comunque indispensabili per esercitare la professione ma che si affinano con un minimo di esperienza: 

  • Redazione contratti di lavoro
  • Calcolo dei versamenti contributivi e fiscali
  • Analisi dei costi
  • Elaborazione dati contabili delle retribuzioni
  • Consulenza tecnica in merito a contenzioso dei rapporti di lavoro

 

Soft Skill da sviluppare durante l’esperienza professionale

Queste finora viste sono solo le hard skill, ovvero le competenze che un consulente del lavoro deve possedere per esercitare la sua professione. Ma esistono anche delle soft skill, legate non tanto all’aspetto tecnico ma a quello organizzativo e individuale del mestiere, che si acquisiscono in corso d’opera e dipendono, in parte, anche dalla predisposizione di ciascun professionista. 

Vediamo insieme quali sono. 

1. Accuratezza

Un buon consulente del lavoro deve essere attento e accurato nel suo lavoro, ricontrollare più volte il suo operato ed accertarsi di aver agito con precisione. Questo è indispensabile per minimizzare il rischio di errori e massimizzare i risultati, tenendo sempre alta la qualità delle proprie prestazioni. 

L’accuratezza è la prima e più importante dote di un consulente del lavoro, necessaria tanto quanto le hard skill che abbiamo visto.

2. Flessibilità e adattabilità.

Un consulente del lavoro deve essere preciso ma allo stesso tempo flessibile, in grado di modificare i propri comportamenti e adattare gli schemi di pensiero in funzione delle diverse esigenze legate a differenti contesti lavorativi.

Inoltre, deve sapersi confrontare con persone e gruppi lavorativi diversi, tenendo sempre presente le esigenze di ciascuno. Infine, avere una buona capacità di reagire rapidamente in situazioni di emergenza è un’altra skill vincente per chi esercita la professione di consulente del lavoro.

3. Pensiero laterale e visione d’insieme.

Il pensiero laterale, detto anche pensiero divergente, è un’altra dote che un bravo consulente del lavoro deve possedere. Pensare fuori dagli schemi Infatti aiuta a interpretare correttamente le situazioni, individuare catene di causa-effetto e fare previsioni accurate e realistiche sull’evoluzione delle più svariate situazioni.

4. Capacità comunicative e relazionali.

Tra le soft skill di un bravo consulente del lavoro figurano infine le doti comunicative e relazionali. 

Saper ascoltare le necessità del cliente e orientarsi a soddisfare anche i bisogni inespressi è sicuramente una carta vincente che aumenta la qualità del lavoro di un consulente. 

L’orientamento al cliente permette inoltre di soddisfarne le esigenze attraverso soluzioni personalizzate, che siano efficaci e valide, anche agli occhi del cliente stesso. 

 

Leggi che regolano la professione

L’abilitazione alla professione di consulente del lavoro è disciplinata dalla legge n.12 del 1979 “Norme per l’ordinamento della professione di consulente del lavoro” e, in seconda battuta, dal DPR 137/2012 e dai Regolamenti approvati dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro.

La legge stabilisce, attraverso queste normative, quelli che sono i percorsi formativi che abilitano all’esercizio della professione di consulente del lavoro.

Possono abilitarsi alla professione

  • i laureati nelle seguenti materie: giurisprudenza, economia, scienze politiche e consulenza del lavoro
  • che abbiano svolto un praticantato di 18 mesi presso lo studio di un consulente
  • che abbiano superato l’esame per l’iscrizione all’Albo dei consulenti del lavoro

Secondo la legge, la Figura professionale di consulente del lavoro si inquadra all’interno del VI livello del Quadro Europeo delle Qualifiche, corrispondente al primo ciclo dei titoli accademici. 

 

Dove lavora il consulente del lavoro? 

Il consulente del lavoro può operare in proprio, quindi aprendo un proprio studio professionale individuale oppure associato, cioè insieme ad altri professionisti, dello stesso o di altri settori, oppure collaborare come professionista in Studi professionali.

Consulente del lavoro - Cosa fa

 

Quando rivolgersi ad un consulente del lavoro?

Come abbiamo visto, essendo le mansioni di un consulente del lavoro abbastanza variegate, sono diversi i casi in cui un’azienda – o anche un privato – può avvalersi dei servizi prestati da un consulente del lavoro. 

In situazioni normali, tutte le aziende hanno bisogno di un professionista abilitato che si occupi di effettuare gli inquadramenti contrattuali dei suoi dipendenti e che, mensilmente e annualmente, assolva non soltanto a compiti come l’elaborazione delle buste paga, ma anche gli adempimenti fiscali, previdenziali e contributivi. 

In linea di massima quindi, questa figura è indispensabile per tutte le aziende che iniziano ad avere dipendenti o lavoratori parasubordinati.

In casi eccezionali, un’azienda o un privato possono rivolgersi ad un consulente del lavoro per risolvere problemi relativi all’inquadramento contrattuale, o anche per essere assistiti e rappresentati in sede di contenzioso presso le Commissioni e gli uffici previdenziali, della DPL e dell’amministrazione finanziaria, in caso di controversie individuali e collettive, nelle vertenze extragiudiziali come conciliazioni o arbitrati con i lavoratori dipendenti, oppure per ottenere supporto e assistenza durante ispezioni e controlli o per la redazione di ricorsi. 

Il consulente del lavoro è infatti in grado di fornire una perizia tecnica di parte o di ufficio, richiesta dall’azienda o anche dal giudice: in questo caso il suo compito è quello di assistere le parti in conflitto oppure il giudice durante il processo, per dimostrare la tesi sostenuta dall’accusa o dalla difesa, mettendo a disposizione le proprie competenze tecniche e le documentazioni prodotte attraverso il suo lavoro.

 

Chi può avvalersi di una consulenza?

Ricapitolando quindi, i soggetti che possono avvalersi di una consulenza in materia di lavoro sono: 

  • le aziende private, che possono farlo in situazioni normali, per avere supporto in tutto ciò che riguarda la gestione amministrativa del personale, oppure anche in situazioni eccezionali, come in caso di contenziosi e vertenze con i lavoratori 
  • i lavoratori dipendenti, che possono richiedere l’assistenza di un consulente del lavoro per risolvere problemi relativi all’inquadramento contrattuale oppure sempre in caso di contenziosi con l’azienda
  • il giudice, che può richiedere una perizia d’ufficio da parte di un consulente del lavoro per produrre prove che avvalorino la tesi di una delle parti in causa in ambito processuale

 

Perché conviene affidarsi a un consulente del lavoro?

In un mercato del lavoro difficile e complesso come quello attuale, affidarsi ad un consulente del lavoro è davvero di vitale importanza per una piccola e media impresa. 

Anche se spesso viene sottovalutato, l’apporto di questo professionista è infatti fondamentale per tenere in ordine tutti gli aspetti legati alle assunzioni, ai contratti e alle buste paga dei propri dipendenti, evitando di incorrere in problematiche di vario genere. 

Un consulente del lavoro può essere di grande aiuto nell’organizzazione aziendale, essendo un professionista specializzato proprio negli ambiti di diritto del lavoro e gestione del personale. I suoi compiti non si limitano all’elaborazione dei cedolini paga: il consulente è in grado di offrire il suo supporto in ottica, appunto, consulenziale, anche per tutto ciò che riguarda l’organizzazione dei ruoli e dei turni aziendali  e le procedure interne. 

Da non confondere quindi con la figura del commercialista, come vedremo più avanti, né tantomeno con quella dell’addetto alle risorse umane, con la quale condivide solo alcune competenze di base, il consulente del lavoro si occupa di HR ma con lo sguardo rivolto alla burocrazia e a tutte le pratiche di carattere assicurativo e previdenziale

Il suo apporto risulta quindi unico e specialistico rispetto a quello che possono fornire altri professionisti. 

 

Aggiornamento professionale costante

Il consulente del lavoro è una figura professionale che, molto più di altre, è tenuta ad effettuare un aggiornamento costante sulle ultime evoluzioni in materia legale per tutto ciò che riguarda le continue riforme del mondo del lavoro.

Per poter lavorare per conto dei propri clienti, infatti, il consulente del lavoro è obbligato ad avere l’iscrizione all’albo e all’Ordine dei Consulenti del Lavoro.

L’Ordine, in qualità di organo che tutela sia i suoi iscritti che i destinatari finali dei loro servizi, è tenuto a verificare che i consulenti si tengano costantemente aggiornati frequentando appositi corsi di formazione: la frequenza di questi corsi è obbligatoria e si configura come requisito indispensabile per acquisire i crediti formativi che consentono al consulente di restare iscritto all’ordine. 

La formazione costante imposta ai consulenti tutela quindi, in ultima analisi, il cliente finale, che avrà la garanzia di affidarsi ad un professionista sempre aggiornato su tutte le novità normative e procedurali. 

 

I vantaggi di affidarsi ad un consulente

Affidarsi ad un consulente del lavoro comporta molti benefici per le aziende di ogni dimensione, dalle più piccole a conduzione familiare alle grandi imprese con centinaia di dipendenti.

I vantaggi riguardano, come dicevamo, non solo la sfera economica e contrattuale, ma anche aspetti legati all’organizzazione del lavoro e alla gestione delle risorse. 

Vediamo quali sono i benefici principali che un consulente del lavoro può offrire.

  1. Affidarsi ai servizi di un consulente del lavoro significa, per il titolare di un’impresa grande o piccola, o per chiunque ne fa le veci, potersi sgravare da una serie di compiti legati all’inquadramento dell’azienda e dei suoi dipendenti, alla gestione della burocrazia, di funzioni giuridiche, fiscali, amministrative etc., in modo da dedicarsi maggiormente al proprio lavoro e alle cose che contano davvero per mandare avanti la propria attività. 
  2. Un consulente del lavoro garantisce un supporto professionale sempre presente e aggiornato su tutte le tematiche inerenti il diritto amministrativo e del lavoro e gli obblighi che ne derivano, senza commettere errori o lasciare indietro qualcosa, con il rischio di incorrere in sanzioni.
  3. Il consulente del lavoro si occupa direttamente della gestione delle comunicazioni con istituti come l’INPS, l’INAIL e i Centri per l’Impiego, liberando quindi il titolare dell’impresa o le risorse umane da questa ulteriore, spesso complessa, incombenza.
  4. Da non sottovalutare è l’apporto consulenziale di questa figura professionale, che è tra le altre cose punto di riferimento in ambito giuslavoristico, in grado di consigliare soluzioni personalizzate, adatte alla specifica situazione di un’impresa in un determinato momento della storia aziendale. 

Come abbiamo visto, i vantaggi sono davvero tanti che non c’è motivo di rinunciare ad affidare la propria azienda alle mani esperte di uno studio di consulenza del lavoro.

 

 

Come scegliere uno studio di consulenza del lavoro?

E ora vediamo nello specifico come scegliere uno studio di consulenza del lavoro, cosa aspettarsi nella relazione con il cliente finale in termini di servizi offerti quando ci si rivolge ad uno studio di consulenti e come fare a capire se ci si trova dinanzi a professionisti di cui potersi fidare. 

 

Studio della situazione aziendale. 

Il primo passo, quando ci si rivolge ad uno studio di consulenza del lavoro, è quello di effettuare uno studio della situazione aziendale per comprendere quali sono le necessità specifiche dell’azienda in quel momento. 

Uno studio affidabile e composto da professionisti esperti e scrupolosi si riconosce dunque, in prima battuta, proprio dall’impegno profuso in questa analisi preliminare, indispensabile per tracciare un quadro della situazione aziendale attuale e di quelli che sono i bisogni da soddisfare, in ordine di priorità, per migliorare il funzionamento e quindi l’efficienza aziendale. 

Una volta effettuata questa analisi sarà possibile tracciare un piano d’azione, commisurato alle necessità – espresse ed inespresse – della committenza e, chiaramente, alla sua capacità di fronteggiare determinate spese. 

 

Relazione di fiducia.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la costruzione della relazione con il cliente. 

Un buon consulente del lavoro sa che lavorare sulla fiducia dei propri clienti è fondamentale, per questo cura la relazione in maniera attenta e minuziosa, in modo da far sentire il cliente protetto, ascoltato e supportato in ogni fase del rapporto di consulenza. 

Mettere il cliente al centro però non è da tutti: solo gli studi di consulenza del lavoro migliori, composti da professionisti più esperti e skillati, riescono a farlo, perché ciò implica avere tempo e capacità di dedicarsi al cliente, ascoltando le sue necessità per offrire in ogni momento un’assistenza qualificata e soprattutto una soluzione personalizzata in base ai reali bisogni dell’azienda. 

Il consiglio è quindi di diffidare degli studi che offrono soluzioni “a pacchetto” senza declinarli in base alle esigenze della singola azienda. 

 

Comunicazione trasparente. 

Uno studio di consulenza del lavoro di alto livello è in grado di offrire ai suoi clienti un interlocutore dedicato a seconda delle esigenze e delle relative aree di responsabilità dei vari professionisti.

Una comunicazione trasparente, all’insegna del rispetto, della disponibilità, dell’empatia e dell’ascolto è un elemento da tenere in considerazione nella scelta dello studio di consulenza del lavoro a cui affidarsi. 

Risposte rapide, puntualità, precisione nonché la possibilità di avere un referente dedicato all’interno dello studio sono altri elementi da tenere in considerazione. 

 

Servizi offerti da uno studio di consulenza del lavoro

La panoramica dei servizi di consulenza del lavoro offerti è un’altra discriminante che può aiutare nella scelta dello studio più adatto alle proprie necessità.

Generalmente un’offerta ampia e diversificata indica che lo studio è affidabile, composto da professionisti specializzati in differenti ambiti e quindi in grado di venire incontro anche alle esigenze più specifiche. 

 

Servizi di payroll

Si tratta forse del principale e più importante servizio che uno studio di consulenza del lavoro deve offrire: l’esternalizzazione del payroll e di tutte le attività legate all’elaborazione delle buste paga è tra i servizi più richiesti dalle aziende, perché permette di risparmiare denaro e tempo prezioso sottraendosi ad (forse da?) una attività complessa e ripetitiva. 

La possibilità di interfacciarsi direttamente con la risorsa che si occupa del Payroll è un altro punto a favore, meglio ancora se si tratta di una risorsa esperta, ovvero un Senior Payroll Specialist, che si avvale della collaborazione del reparto IT e dei consulenti interni. 

Maggiori dettagli qui.

 

Amministrazione del personale

I servizi di gestione amministrativa del personale sono un altro elemento chiave dell’offerta di un buono studio di consulenza del lavoro.

Avere delle risorse qualificate e dedicate proprio alla gestione di questi aspetti – più noiosi e sommersi – del lavoro in azienda è un punto assolutamente a favore per uno studio di consulenza del lavoro che si rispetti. 

Da valutare anche la capacità di ottemperare ai compiti meno comuni, quindi non soltanto le semplici operazioni burocratiche legate all’apertura di posizioni contributive, all’inquadramento contrattuale, alle assunzioni e ai licenziamenti, ma anche una dettagliata analisi dei costi per singola risorsa in base alle skill, all’elaborazione di prospetti informativi per l’assunzione dei disabili e per la parità uomo donna in azienda e tanto altro ancora. 

Maggiori informazioni qui.

 

Gestione ufficio del personale

Si tratta di un servizio aggiuntivo, che non tutti gli studi di consulenza sono in grado di offrire e che offrono in outsourcing, in azienda o da remoto. Si tratta di un servizio indispensabile per quelle aziende che non hanno un ufficio del personale interno e quindi hanno bisogno di esternalizzare questo servizio. 

Scopri di più sul servizio dedicato di Terrazzini qui.

 

Welfare aziendale

In via generale possiamo definire il Welfare Aziendale come l’insieme dei beni e dei servizi (più raramente, rimborso di somme) nonché delle opzioni di carattere organizzativo messe a disposizione dall’azienda per incontrare i bisogni personali e/o aspettative del lavoratore.

Il Welfare Aziendale è tutto quell’insieme di beni e servizi che le aziende mettono a disposizione dei propri dipendenti per contribuire al loro benessere e a quello delle loro famiglie

Si tratta di servizi molto apprezzati dai lavoratori, che garantiscono il benessere aziendale, con ripercussioni positive sul clima di lavoro e sulla produttività e la felicità dei singoli dipendenti: per questo è davvero importante mettere in atto queste misure che consentono di ottenere dei vantaggi economici in termini fiscali e contributivi

Uno studio che offra anche questo genere di consulenza, scegliendo quali misure di welfare aziendale implementare in base alla tipologia dell’azienda, dei suoi dipendenti e alle esigenze legate alla produttività, ha sicuramente una marcia in più

Maggiori dettagli qui. 

 

Servizi HR Web

L’offerta di uno studio di consulenza del lavoro si completa con un pacchetto di servizi HR dedicati alla gestione del personale, come presenze, risorse umane, note spese, timesheet, ecc.. Per offrire questo servizio aggiuntivo è necessario avvalersi della collaborazione di un partner tecnico, uno su tutti Zucchetti, che mette a disposizione una gamma completa di software accessibili online per la gestione del personale in ogni suo aspetto. 

Maggiori informazioni qui.

 

Che differenza c’è tra consulente del lavoro e dottore commercialista?

Consulente del lavoro vs. commercialista - Le differenze

La figura del consulente del lavoro viene molto spesso confusa, come dicevamo, con quella del dottore commercialista: la ragione di questa sovrapposizione è comprensibile, perché benché si tratti di due professioni diverse, il percorso formativo per arrivarci è simile, soprattutto nella parte iniziale che riguarda la laurea (anche un consulente del lavoro può essere un dottore in economia come il commercialista) e anche per alcune mansioni e competenze professionali trasversali. 

Resta il fatto che le due figure professionali non vanno assolutamente confuse, perché svolgono compiti diversi e quindi vanno anche ingaggiate per ottenere diversi servizi. 

 

Differenza legislativa e percorso di studi

Cominciamo a fare chiarezza partendo dai riferimenti legislativi che regolano l’esercizio delle due professioni, che sono diversi: per il consulente del lavoro si fa riferimento alla legge 12/1979 e alle successive integrazioni e modifiche. 

L’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile è invece regolata dal D. Lgs. 139/2005 riguardante la costituzione dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. 

Differenze riguardano anche il percorso di studi: i dottori commercialisti infatti sono laureati in Economia e iscritti all’Albo dei commercialisti – iscrizione che richiede il superamento di un esame di stato e lo svolgimento di un relativo tirocinio. 

I consulenti del lavoro invece possono essere laureati in Economia, ma questa non è l’unica facoltà che li abilita allo svolgimento della professione: anche i laureati in Giurisprudenza, come abbiamo visto all’inizio, possono intraprendere questo percorso professionale, anche in questo caso previo svolgimento di un tirocinio presso uno studio di consulenti abilitati e sostenimento dell’esame di stato per l’iscrizione all’albo. 

 

Differenze operative tra commercialista e consulente del lavoro

Scendendo nei dettagli relativi all’operatività, la differenza sostanziale tra le due professioni risiede nel fatto che, sebbene entrambe le figure si occupino di lavoro e fisco, il commercialista ha un focus sulle materie finanziarie, economiche e tributarie e si occupa specificamente di consulenza fiscale e contabilità.

Un consulente del lavoro invece ha competenze più trasversali, meno dettagliate in materia fiscale, ma che spaziano anche in ambito amministrativo e di diritto del lavoro, essendo il suo compito principale legato all’organizzazione e alla gestione del lavoro e del personale di un’azienda. 

Queste differenze di orientamento delineano anche le attività pratiche che si possono richiedere a ciascuna delle due figure professionali.

Abbiamo ampiamente visto di cosa si occupa il consulente del lavoro. Riassumendo invece le attività del commercialista riguardano perlopiù:

  • gestione della contabilità
  • redazione dei libri contabili e fiscali
  • pianificazione dei bilanci 
  • valutazioni aziendali 
  • analisi tributarie
  • consulenza fiscale e societaria

Appare chiaro quindi che le due figure, per quanto sovrapponibili, abbiano compiti ben precisi e diversificati che li rendono risorse differentemente utili nell’ambito dell’organizzazione aziendale. 

In linea di massima, un consulente del lavoro è una figura in grado di offrire un supporto più ampio, a 360° su una serie di tematiche che riguardano la vita aziendale e il mondo del lavoro.

Un consulente del lavoro può essere, in aggiunta, anche un dottore commercialista, mentre un commercialista che opera come tale non possiede competenze legate al mondo della consulenza del lavoro, a meno che non abbia intrapreso, parallelamente o successivamente, il percorso di formazione specifico. 

Avere chiara la differenza tra le due figure è indispensabile per effettuare una scelta corretta del professionista a cui affidarsi in base alle esigenze della propria realtà aziendale. 

 

Consulente del lavoro: domande frequenti

Il consulente del lavoro fa il controllo delle buste paga?

Sì, l’elaborazione e il controllo delle buste paga rientrano tra le attività principali di un consulente del lavoro. 

Esistono studi di consulenza online?

Sì, esistono studi di consulenza del lavoro che erogano i propri servizi esclusivamente attraverso modalità telematica, così come esistono numerosi studi “fisici” che, all’occorrenza, sono in grado di offrire supporto ed assistenza ai propri clienti da remoto, in modalità digitale, attraverso conference call e affiancando l’utilizzo di appositi software e strumenti in cloud che consentono di gestire il lavoro anche a distanza. 

Sicuramente uno studio con una sede fisica, ma che sia anche in grado all’occorrenza, di operare in modalità telematica, è una scelta vincente perché affianca alla presenza rassicurante di un ufficio in cui è possibile prendere un appuntamento ed organizzare un incontro vis à vis con il proprio consulente del lavoro, anche l’opportunità di lavorare a distanza, senza doversi spostare, avvalendosi delle nuove tecnologie e dimostrando anche la capacità di tenersi costantemente aggiornati sulle evoluzioni costanti del mondo del lavoro. 

Il consulente del lavoro opera nei CAF?

Sì, un consulente del lavoro può operare anche all’interno di un CAF, Centro Assistenza Fiscale, che presta numerosi servizi al cittadino in forma gratuita o comunque convenzionata. 

Il consulente del lavoro si occupa del calcolo della pensione?

No, normalmente il consulente del lavoro non si occupa di questa mansione. 

Il consulente del lavoro si occupa di licenziamento?

Sì, tra i compiti del consulente del lavoro rientra anche il disbrigo delle pratiche burocratiche relative alla cessazione del rapporto lavorativo per licenziamento del dipendente. In particolar modo il consulente del lavoro si occupa in questo caso di tutti gli adempimenti burocratici e fiscali, come la comunicazione agli istituti previdenziali e ai centri per l’impiego. 

Il consulente del lavoro effettua il calcolo TFR?

Sì, anche il calcolo del TFR rientra nei compiti di un consulente del lavoro. 

Il TFR, Trattamento di Fine Rapporto, chiamato anche “liquidazione”, è una parte di retribuzione che il lavoratore riceve in qualità di buonuscita al termine del rapporto lavorativo con il datore di lavoro. L’azienda è tenuta per legge ad erogare il TFR, che viene di norma calcolato su base annuale, in base ad una serie di indicatori di riferimento che ne possono far variare l’importo – rivalutazione – in base all’inflazione, al costo della vita e ad altre variabili stabilite per legge. 

Consulente del lavoro FAQ

 

 

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